È in arrivo una nuova riforma europea che mira a frenare lo strapotere delle Big Tech e a ristabilire i giusti equilibri nell’ecosistema digitale

L'Unione Europea ha scritto un nuovo capitolo nella lotta alle distorsioni della libera concorrenza nell'economia digitale. Commissione e Parlamento europeo hanno infatti recentemente trovato un’intesa su quella che viene già da più parti considerata una tra le più importanti regolamentazioni economiche degli ultimi decenni: il Digital Markets Act. Si tratta di un regolamento, dunque con applicabilità diretta nei singoli stati membri, volto a reprimere gli abusi delle Big Tech e ad apportare concreti cambiamenti nel modo in cui i cittadini europei consumeranno tecnologia.  

L’intesa raggiunta testimonia quanto la governance del mondo digitale sia diventata una priorità per l’UE ribadendo, dopo l’esperienza del GDPR, la leadership mondiale assunta dall’Unione in tema di regolamentazione del digitale. È poi la prima volta che si decide di frenare lo strapotere dei giganti legiferando e non semplicemente attendendo gli esiti, non sempre entusiasmanti, delle lunghe indagini dell’antitrust.

Tra le principali novità della riforma si segnalano:

  • il divieto di preinstallare software sui dispositivi (ad esempio il browser Google Chrome su device  Android o Safari su macchine Apple), così affermando il diritto per gli utenti di scegliere prodotti alternativi, senza vincoli tecnici;
  • l'obbligo per le applicazioni di messaggistica quali WhatsApp, Facebook o Messenger di aprirsi alla comunicazione multipiattaforma, non solo tra i leader ma anche con le app più di nicchia, rendendo così più agevole la scelta, ad opera degli utenti, del proprio canale preferenziale senza essere di fatto “blindati”, come oggi avviene;
  • l’analisi dei dati personali ai fini delle pubblicità mirate sarà consentita solo con il consenso esplicito dell'utente. Inoltre, le aziende tecnologiche potranno richiedere il consenso, agli utenti che l’abbiano già negato o revocato, solamente per un numero limitato di volte, evitando così la pratica tristemente molto in voga di “spammare” gli users sino alla loro resa.
  • I gatekeeper (come di seguito definiti) non potranno più promuovere i loro prodotti o servizi a svantaggio dei loro concorrenti. 

«Abbiamo bisogno di meno grandi potenze per poter avere un mercato più competitivo»

Nel contesto della rete, i “gatekeeper” sono letteralmente i “custodi” del web, gli intermediari tra chi offre contenuti e chi vi accede, o meglio definiti nella legge come tutti coloro che esercitano “il controllo dell’informazione che passa attraverso un gate”.

Nel comunicato stampa del Consiglio Europeo datato 25 marzo 2022 si legge “Il Consiglio e il Parlamento europeo hanno convenuto che, affinché una piattaforma sia qualificata come gatekeeper, è necessario da un lato che negli ultimi tre anni abbia raggiunto un fatturato annuo nell’Unione europea di almeno 7,5 miliardi di Euro o che la sua capitalizzazione di mercato sia pari ad almeno 75 miliardi di EUR, dall’altro che nell’area europea annoveri non meno di 45 milioni di end-users su base mensile e 10.000 business users su base annuale»

È noto che il nostro attuale “ecosistema digitale” ha visto l’affermarsi, in tempi relativamente brevi, di pochi grandi operatori dotati di un potere economico senza precedenti e di una capacità di controllo dell’informazione che si spinge fino alla possibilità di condizionare l’utenza e di alterare la concorrenza.

Basti pensare alle ultime elezioni americane (Trump vs. Biden) e a tutti quei discorsi politici, oculati e curati nei minimi dettagli, che hanno lasciato il posto a meme pronte a stravolgere quanto dichiarato dal candidato. Un esempio, la frase che Biden ha rivolto a Trump durante uno dei primissimi dibattiti, “Will you shut up, man?”, è stata postata su Twitter 150mila volte e stampata su t-shirt virali prima ancora che il dibattito tra i due fosse concluso. E ancora, i video trovati su TikTok da Reuters che contenevano false affermazioni sul voto per corrispondenza e sui candidati alla presidenza, molti dei quali sono stati rimossi dall’app solo dopo essere stati segnalati dall’agenzia di stampa, senza dunque la doverosa proattività dei gestori della piattaforma.

La priorità è contrastare il predominio dei giganti del web e contemporaneamente tutelare i diritti e le libertà degli utenti. Negli ultimi anni è emersa chiaramente l’inadeguatezza dei tradizionali strumenti di intervento a tutela della concorrenza. Si pensi ad esempio ai numerosi procedimenti antitrust che hanno visto Google ripetutamente chiamata in causa dalla Commissione Europea.

A fine 2020, un’azione legale congiunta da parte di più stati europei è stata instaurata contro Google per "condotta anticoncorrenziale, pratiche di esclusione e dichiarazioni ingannevoli", accuse che Google nega.
Nel 2021, la Competition and Markets Authority (CMA) ha dichiarato che avrebbe indagato sull'App Store di Apple per determinare se sia corretto che l'unico modo per ottenere software su un iPhone sia proprio attraverso il suo walled garden che garantisce al colosso di Cupertino il 30% di cashback su ogni acquisto.
Alcune fonti1 sul caso Epic Games vs Apple hanno rivelato che Apple avrebbe potuto fare una versione di iMessage che funzionasse su dispositivi Android, ma ha scelto di non farlo per continuare a spingere le persone a comprare un iPhone.

Il Digital Market Acts si propone allora di costringere GAFAM – i colossi dell’IT del mondo occidentale: Google, Amazon, Facebook/Meta, Apple e Microsoft – nonché Booking e la cinese Alibaba, a rispettare una serie ben definita di obblighi e divieti e aggiornare i propri servizi per conformarsi alle nuove regole dei mercati digitali.

Ma cosa succede se le aziende non si conformeranno al DMA?

Se un'azienda non rispetta le regole, la Commissione Europea potrà multarla con sanzioni che potranno arrivare al 10% del suo fatturato globale, aumentabili sino al 20% nel caso di reiterazione delle condotte anticoncorrenziali, sino ad inibire sue eventuali acquisizioni sul suolo europeo e addirittura interdire in toto l’esercizio della sua attività. Sanzioni dunque durissime ma dirette principalmente alle Big Tech piuttosto che alle piccole aziende, visto che la Commissione parla di fornitori di "servizi di piattaforma base" quali i motori di ricerca e i social network.

«Un nuovo approccio che faciliterà lo sviluppo delle aziende digitali più piccole che hanno sempre fatto fatica ad entrare nel mercato»

«Questa legge potrebbe cambiare il panorama digitale che conosciamo oggi - ha affermato Marco Carlizzi, partner di RSM Legal Italia STA. Stiamo assistendo a un passaggio culturale epocale, ovverosia da un sistema punitivo in cui le grandi imprese vengono colpite ex post con multe e sanzioni giudiziarie, a uno che detta le regole del gioco direttamente alla fonte. Un nuovo approccio che potrebbe facilitare lo sviluppo delle aziende digitali più piccole che sino ad oggi hanno fatto fatica ad entrare nel mercato. La questione viene finalmente affrontata a livello sistemico: regolare il mercato è il modo migliore per evitare il contenzioso e salvaguardare gli interessi delle aziende di medie dimensioni.

Se riduciamo il potere dei GAFAM (et similia) – prosegue Carlizzi – apriamo il mercato ad altri operatori e in qualità di legali potremo concentrarci su come aiutare le piccole realtà a crescere e diventare competitive sul mercato piuttosto che tentare azioni giudiziarie o denunce verso i colossi dell’IT.

Quando la legge sarà ufficialmente approvata, quello che auspicabilmente vedremo è che le imprese di piccole e medie dimensioni potranno unire le loro forze, diventando a loro volta dei gatekeepers piuttosto che, quando va bene, essere terzisti dei GAFAM o loro preda»

Quando sarà approvato il testo definitivo della riforma?

L’accordo provvisorio raggiunto deve essere approvato dal Consiglio e dal Parlamento europeo. Il testo così licenziato sarà poi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE con applicazione diretta in tutti gli Stati membri dopo sei mesi dalla pubblicazione. L’approvazione potrebbe avvenire già nell’anno in corso o al più tardi entro il 2023.

L'orologio inizia a ticchettare. Seguiamo con trepidante attesa il completamento dell’iter di approvazione del Digital Markets Act e attendiamo con interessata curiosità che venga svelata la lista delle piattaforme che saranno soggette alle nuove regole.

«L'UE dovrà far rispettare le nuove regole per fronteggiare definitivamente e in maniera sistemica le condotte scorrette che hanno dettato legge nei mercati digitali, in Europa e nel mondo»

 

1 https://www.forbes.com
Altre fonti: The IndependentEU Digital Markets ACT