Nell’alveo delle molteplici disposizioni normative in materia di fiscalità internazionale è sicuramente da tenere in debita considerazione il nuovo regime delle Controlled Foreign Companies (cosiddetto, “CFC”), disciplinato dall’art. 167 del TUIR. La norma è stata difatti oggetto di modifica con effetto dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 29 dicembre 2023 (vale a dire dal 2024 per i soggetti “solari”). 

Si ricorda che il regime CFC trovi la sua ragion d’essere nell’intento di evitare la delocalizzazione artificiosa dei redditi in Paesi a regime fiscale privilegiato. La normativa, infatti, prevede che i redditi del soggetto estero controllato siano imponibili per trasparenza in capo al soggetto controllante residente, al ricorrere di specifiche condizioni. 

In particolare, a seguito delle modifiche apportate dal Decreto attuativo della Legge Delega in materia di fiscalità internazionale1 , l’entità estera controllata si considera rientrante nel regime CFC al verificarsi delle due seguenti condizioni:

  • l’assoggettamento a un tax rate “contabile” inferiore al 15% o a un tax rate effettivo (“effective tax rate” o “ETR”) inferiore alla metà di quello cui la società sarebbe stata soggetta qualora residente in Italia;
  • il conseguimento di proventi riferibili per più di un terzo ai cosiddetti “passive income” (questa seconda condizione non è stata oggetto di modifiche). 

La novità principale consiste quindi nell’introduzione di una modalità di calcolo semplificata del livello di imposizione a cui è assoggettata la società controllata. In particolare, il tax rate viene determinato sulla base dei valori contabili, considerando al numeratore le imposte correnti e differite (attive e passive) e al denominatore l’utile ante imposte, così come risultanti dal bilancio della controllata estera. Per l’applicazione del cosiddetto tax rate “contabile” risulta tuttavia necessario che il bilancio sia stato sottoposto a revisione e certificazione da un soggetto a ciò autorizzato nello Stato estero e che gli esiti di tale revisione siano utilizzati dal soggetto incaricato della revisione della società controllante. Con ciò intendendosi, tra l’altro, che tale calcolo semplificato non possa essere applicato nel caso in cui il soggetto controllante residente sia una persona fisica. Si precisa che, qualora la semplificazione non sia applicabile (e.g. bilancio della controllata non revisionato) o il test del tax rate contabile non sia superato, permane l’obbligo di effettuare il test sulla base dell’effective tax rate, così come vigente prima delle modifiche recentemente introdotte.

Inoltre, il Decreto attuativo ha introdotto due ulteriori novità in tema di CFC che riguardano rispettivamente:

  • il riconoscimento, nel conteggio del tax rate, dell’imposta minima nazionale eventualmente applicata nello Stato estero. Questa previsione interessa i gruppi internazionali di rilevanti dimensioni che sono soggetti alla Global minimum tax introdotta nell’ambito del cosiddetto “Pillar Two”, accordo globale raggiunto in sede OCSE;
  • l’istituzione di un regime sostitutivo, applicabile su base opzionale, di durata triennale, con riferimento a tutte le società controllate estere in capo alle quali si verifica il presupposto del conseguimento di passive income in misura superiore a un terzo (il cui bilancio sia stato sottoposto a revisione e certificazione ut supra), che permette ai soggetti residenti di versare un’imposta sostituiva pari al 15% dell’utile contabile netto dell’esercizio dell’entità estera opportunamente rettificato al fine di escludere le imposte che hanno concorso a determinare detto valore, la svalutazione di attivi e gli accantonamenti a fondi rischi. 

Sebbene le recenti novità non abbiano interessato gli altri elementi fondanti del regime CFC, si desidera porre l’attenzione su due ulteriori aspetti della disciplina in parola. 

Il primo è relativo agli elementi peculiari di qualificazione dei “passive income”. Infatti, oltre ai tipici items concernenti dividendi, interessi e royalties2 , il legislatore ha incluso in tale categoria anche i proventi derivanti da operazioni intercompany3 con valore economico scarso o nullo4 . La locuzione “con valore economico scarso o nullo”, come chiarito anche dalla prassi, è riferita al valore aggiunto apportato dalle operazioni realizzate dai soggetti controllati esteri, mediante l’impiego delle risorse di cui dispongono, e non al valore economico dell’operazione ex se, ossia del bene o del servizio in quanto tale. Si dovrà valutare, pertanto, il contributo alla catena del valore reso dall’entità controllata, a prescindere dall’oggetto della compravendita o della prestazione sottesa. 

Il secondo aspetto da evidenziare attiene, invece, al comportamento che il soggetto residente potrà adottare nel caso in cui le proprie partecipazioni estere siano potenzialmente qualificabili come CFC, al fine di evitare la tassazione per trasparenza. In questo caso, è sempre possibile dimostrare, ex ante in sede di interpello o ex post in sede di controllo da parte dell’Amministrazione finanziaria, che l’entità controllata estera svolga “un’attività economica sostanziale sostenuta da personale, attrezzature, attivi e locali” (c.d. esimente). Peraltro, qualora non si intenda presentare istanza di interpello all’Agenzia delle Entrate, sussistono obblighi di segnalazione nella dichiarazione dei redditi, il cui mancato rispetto implica gravosi risvolti sanzionatori. 

Preme pertanto sottolineare come ai fini di una corretta applicazione della disciplina in oggetto, nonostante le semplificazioni recentemente introdotte, risulti sempre necessaria un’attenta e concreta analisi della singola casistica, non essendo sufficiente un approccio puramente teorico. 

A cura di Michele Deganello Saccomani

 

1 Le modifiche sono state introdotte dal D.lgs. 27.12.2023, n. 209 “Attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale” e in particolare dall’art. 3 rubricato “Semplificazione della disciplina delle società estere controllate”. Per semplicità espositiva, ci si riferirà a tale decreto con l’espressione “Decreto attuativo”. 

2 La norma include anche i redditi da leasing finanziario e i redditi da attività assicurativa, bancaria e altre attività finanziarie.

3 Come chiarito dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 18/E del 27 dicembre 2021, “ai fini del test rilevano sia i proventi dell’entità estera controllata derivanti dalla rivendita a terzi indipendenti di beni acquistati da imprese associate, sia quelli derivanti dalla rivendita a imprese associate di beni dalla stessa acquistati da terzi indipendenti; d’altra parte, in entrambi i casi, l’entità estera realizza proventi derivanti da operazioni di “compravendita” attuate con soggetti del gruppo”. Medesimo approccio bidirezionale è da applicare anche ai servizi. 

4 La norma precisa che si tiene conto delle indicazioni contenute nel decreto 14 maggio 2018 in materia di transfer pricing.