Ti siedi alla scrivania con la melodia di Jingle Bells che ancora risuona nelle orecchie. Prendi un caffè insieme a quel cioccolatino che ti ha regalato tua figlia perché «è fondente, a me piace al latte, la Befana si è sbagliata!». Divori le mail e controlli compulsivamente il tuo smartphone mentre sta per iniziare la prima di una lunga sequela di riunioni, di cui non scorgi mai una fine. Una call, ancora un’altra e poi un’altra ancora. Tensione, scadenze, errori, incomprensioni, tutto si affolla come una grande nube grigia nella tua testa. 

E la calma e la serenità tanto faticosamente conquistate nei giorni di riposo sono solo un lontano ricordo. 

Una cultura aziendale oramai universalmente basata su lunghi orari di lavoro, sull’aspettativa di risposte immediate a qualunque richiesta, anche la più inutile o differibile, sulla ricerca della performance ad ogni costo e sul pagare per le altrui inefficienze ha drammaticamente contribuito negli ultimi anni ad un significativo aumento dello stress da ufficio. A ciò si aggiungono le recenti pressioni associate alla gestione della pandemia e allo smart working con la conseguenza che dipendenti, collaboratori e partner di molti settori sono costretti a far fronte a un notevole affaticamento fisico e mentale che, se non adeguatamente fronteggiato, può portare a una situazione di burnout (dall’espressione inglese “to burn out”, ovvero bruciarsi, esaurirsi). 

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha ufficialmente riconosciuto il burnout come una sindrome legata unicamente al contesto professionale e derivante dallo stress cronico che non si è in grado di gestire.
Essa è caratterizzata da una sintomatologia facilmente riconoscibile: 

1. sensazione di esaurimento e spossatezza; 

2. negatività per tutto quanto attiene alla sfera lavorativa; 

3. calo della concentrazione e della produttività. 

Questi indicatori si traducono spesso in veri e propri sintomi fisici quali mal di testa, stanchezza, disturbi del sonno, tensioni muscolari, astenia, disturbi gastrointestinali, tachicardia e in sintomi psichici quali calo dell’autostima, vuoto interiore, maggiore vulnerabilità in caso di delusioni, insoddisfazione, elevata sensibilità allo stress, malumore, infelicità e apatia. 
Un disagio, quindi, che non si limita alla sfera professionale ma che si estende, in molti casi, anche alla vita privata, con l’aggravante che trattasi di un fenomeno estremamente complesso che si può manifestare anche molto diversamente da persona a persona. 

Hiba Balfaqih, mindhacker e relatrice del seminario “Avoiding Burnout” tenutosi nel corso dell’ultima RSM World Conference, definisce il burnout come il momento in cui “si smette troppo a lungo di essere umani”. 

In questo contesto, il benessere dei dipendenti è diventato un argomento critico per i leader aziendali. Molte imprese si stanno rendendo conto che una buona gestione del proprio personale non possa concentrarsi solamente sulla qualità di quanto prodotto dai propri collaboratori prescindendo dal prendersi cura della qualità della vita sul lavoro. 

Ma come accorgersi di stare vivendo una situazione di burnout?

Possiamo intanto provare a fare un po’ di introspezione ponendoci qualche semplice domanda. 

▪ Negli ultimi mesi, un amico o un familiare ti ha chiesto di ridurre il tempo che dedichi al tuo lavoro? 

▪ Hai sviluppato del risentimento per il lavoro o verso i tuoi colleghi? 

▪ Ti senti in difetto per non dedicare abbastanza tempo ai tuoi amici, ai tuoi familiari o a te stesso/a? 

▪ Ti capita di diventare sempre più emotivo/a, ad esempio alterandoti senza una specifica ragione? 
 

Se hai risposto in maniera affermativa a più di una domanda, potresti essere in uno stato di burnout. 

Nella fase iniziale, molte delle persone interessate da questa sindrome dimostrano ancora grande impegno a livello professionale. In uno stadio successivo invece iniziano a provare spossatezza, irritabilità e irrequietezza con l’eventuale manifestarsi di una stanchezza cronica. Nella fase finale aumenta la rassegnazione, cala la concentrazione e mancano le forze. 

Tenendo in debita considerazione i suddetti sintomi, è chiaro che non stiamo parlando di una situazione da sottovalutare: la demoralizzazione e la negatività per il proprio contesto lavorativo possono sfociare nella depressione o in altre patologie che saranno ancora più complicate da affrontare. 

Ecco allora quattro consigli per un “pronto soccorso” della nostra salute mentale: 

1. Concedersi delle pause 

È fondamentale ritagliarsi degli attimi di tempo per lasciare che i troppi pensieri non interferiscano con “l’ossigenarsi della mente”. 

2. Chiedere aiuto 

Ad un amico o ad un membro del team. Mettere un freno al proprio orgoglio e riuscire a dire dei “no”

3. Uscire dagli schemi 

Dedicare del tempo a un interesse che non abbia nulla in comune con la propria posizione lavorativa. Un’attività che richieda delle abilità completamente diverse rispetto al contesto professionale, con l’obiettivo di uscire dal loop lavorativo e ritrovare il benessere mentale. 

4. Scegliere se stessi 

Adottare una routine mattutina che escluda la presenza di device elettronici per dedicarsi alla cura di sé: con un libro, della meditazione o semplicemente con un buon caffè. 

Chiaramente, l’approccio da seguire varia da persona a persona. Quello che ognuno di noi può fare per prevenire il burnout è sicuramente cercare di ridurre lo stress

Evitiamo allora di mandare mail nel cuore della notte e stabiliamo invece dei limiti per aiutare a mantenere un sano equilibrio tra lavoro e vita privata con l’obiettivo di affrontare eventuali problemi di superlavoro prima che abbiano un impatto sulla serenità mentale. Il burnout non è divertente per nessuno, non solo dal punto di vista della salute fisica ed emotiva individuale, ma anche perché rischia di diventare una patologia sociale, senza tralasciare che è molto negativo anche per gli affari… 

E allora, buon lavoro a tutti!