Approfondimento n. 2
NFT e tutela dei marchi - il caso Juventus

Con l’Ordinanza cautelare del 20 luglio 2022 il Tribunale di Roma si è pronunciato, seppur in via cautelare, rispetto all’ipotesi di contraffazione del marchio e dunque alla violazione dei diritti d’autore perpetrata a mezzo di c.d. NFT (Non-fungible token).

Infatti, i marchi denominativi JUVE e JUVENTUS, registrati dalla Juventus Football Club S.p.A. sarebbero stati oggetto di contraffazione, nel caso di specie da parte della società resistente, attraverso la produzione, commercializzazione e promozione online di NFT aventi ad oggetto carte da collezione digitali raffiguranti un ex calciatore del club torinese con indosso la maglia bianconera.

Prima ancora di analizzare le motivazioni che hanno spinto il Tribunale a riconoscere la sussistenza dei presupposti cautelari in merito alle condotte di contraffazione del marchio, nonché di concorrenza sleale poste in essere dalla società resistente e dunque a ordinare l’inibizione alla produzione, commercializzazione e promozione degli NFT e dei corrispondenti contenuti digitali, risulta opportuno soffermarci sulla natura giuridica di queste crypto-attività.

Innanzitutto, giova precisare che, a differenza di altri token attualmente diffusi sul mercato, in particolare gli stablecoin, recentemente oggetto di definizione normativa a livello comunitario con il Regolamento MiCA, gli NFT, come espressamente argomentato dal Consiglio dell’Unione Europea nel Comunicato stampa del 30 giugno 2022, sono momentaneamente soggetti a valutazione della Commissione Europea, che, ove lo ritenesse opportuno, potrebbe effettuare una proposta legislativa tesa a normare questa specifica tipologia di token.

Ebbene, l’assenza di una definizione normativa di tali strumenti digitali contribuisce ad alimentare il contrasto interpretativo tra commentatori e addetti ai lavori. Da una parte, infatti, si registra la tesi secondo la quale i token costituirebbero veri e propri beni digitali, il cui diritto di proprietà in capo al titolare viene autenticato tramite blockchain. Dall’altra si riscontra la tesi qualificata dell’EUIPO[1] che considera i token esclusivamente dei certificati digitali i quali, mediante blockchain, attestano l’autenticità di un’opera d’arte digitale, nonché il diritto di proprietà del titolare sulla stessa.

Quest’ultimo orientamento è stato condiviso dal Tribunale di Roma nella decisione in esame; pertanto il giudice di prime cure ha disposto nei confronti della società resistente l’inibizione a produrre, commercializzare e offrire in vendita sia gli NFT che i contenuti digitali certificati dagli stessi.

Ciò premesso, pare opportuno soffermarsi sulle ragioni che hanno spinto il Tribunale di Roma ad adottare  l’Ordinanza cautelare citata accogliendo le pretese del club torinese.

In primo luogo, con riguardo al fumus boni iuris, il giudice ammette pacificamente la titolarità sui marchi denominativi JUVENTUS e JUVE, nonché sul marchio figurativo costituito dalla maglia a strisce verticali bianco e nere con due stelle sul petto della società bianconera, riconoscendo, altresì, la notorietà di detti marchi dal momento che riguardano «…la squadra di calcio italiana più titolata e con maggiori tifosi in Italia ed all’estero». Pertanto, l’emissione di token aventi ad oggetto Cards raffiguranti un ex calciatore del club torinese con la maglia della Juventus e la vendita delle medesime tramite apposita piattaforma costituisce, secondo il Tribunale, una chiara ipotesi di contraffazione del marchio in quanto idonea ad ingenerare nel pubblico la percezione che i prodotti e i servizi in esame siano riconducibili alla medesima impresa ovvero ad imprese economicamente collegate.  

Il Tribunale, inoltre, sottolinea che, nel caso in esame, non rileva né la circostanza che il calciatore raffigurato abbia giocato per la Juventus e questa abbia concesso alla società resistente l’autorizzazione all’utilizzo dei diritti d’immagine del giocatore, dal momento che sono stati utilizzati senza autorizzazione anche i marchi del club torinese; né, tantomeno, una possibile applicazione dell’Art. 97 della Legge sul Diritto d’Autore[2], dato che le Cards non sono state emesse per scopi scientifici o didattici, ovvero giustificate da un’esigenza di pubblica informazione e, in ogni caso, il consenso, della persona ritratta, alla propria rappresentazione non può estendersi anche ad ulteriori marchi riprodotti nella stessa immagine rispetto ai quali il rappresentato non vanta alcun diritto.

Inoltre, il Giudice capitolino sottolinea come l’ingresso della ricorrente nei settori delle crypto attività e degli NFT tramite appositi accordi commerciali con società terze, diverse dalla resistente, nonché la registrazione dei suddetti marchi denominativi nella classe 9 secondo la classificazione di Nizza che, come espressamente osservato nell’ordinanza de qua «…riguarda anche prodotti non inclusi nella classificazione di Nizza e che sono inerenti anche a pubblicazioni elettroniche scaricabili.» fanno sì che la condotta della resistente integri altresì un’ipotesi di concorrenza sleale.

Secondariamente, per quanto concerne la ricorrenza del periculum in mora, espressamente contestato dalla resistente, il Tribunale di Roma osserva come la commercializzazione delle Cards tramite offerta in una specifica piattaforma, nonché attraverso la rivendita delle medesime in un mercato secondario (per la quale i creatori delle Cards trattenevano una fee), favoriscano una rapida diffusione del prodotto idonea a configurare un fenomeno di “volgarizzazione del marchio” che rischierebbe di pregiudicare irrimediabilmente l’immagine della società bianconera.

Per concludere, l’importanza dell’ordinanza in esame si sostanzia nel riconoscimento, per la prima volta in Europa, della lesione del diritto d’autore vantato dalla ricorrente sui propri marchi in conseguenza della produzione e commercializzazione di NFT e dei corrispondenti contenuti digitali da parte della società resistente, nonché nel riconoscimento ad opera del giudice capitolino di quella corrente interpretativa che identifica i non-fungible tokens come certificati di autenticità utilizzati per attestare la proprietà su un bene digitale tramite blockchain e non, invece, come veri e propri beni digitali. Definizione che, tuttavia, dovrebbe essere oggetto di apposita disposizione normativa onde fugare ogni dubbio rispetto alla natura di questi innovativi e sempre più diffusi strumenti digitali.

 

A cura di Davide Maiorana

 

[1] L’Ufficio dell’Unione Europea per la Proprietà Intellettuale “certificati digitali unici, registrati in una blockchain, utilizzati come mezzo per registrare la proprietà di un oggetto, come un’opera d’arte digitale o un oggetto da collezione” (EUIPO Draft Guidelines 2023 edition, su https://euipo.europa.eu/ohimportal/nl/draft-guidelines -2023).

[2]   Art. 97 l. n. 633 del 22 aprile 1941: «Non occorre il consenso della persona ritrattata quando la riproduzione dell'immagine è giustificata dalla notorietà o dall'ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l'esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all'onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritrattata