È un segno dei tempi che stiamo vivendo, la tematica ESG è sempre più al centro dei tavoli di discussione in tutto il mondo.
Un acronimo di tre lettere, Environmental - Social - Governance, che trae origine da un bisogno di cambiamento condiviso da una larga parte della società e dalle derive di un “progresso” che sta incidendo negativamente tanto sull’ecosistema globale quanto nelle relazioni umane.
È facile comprendere che il bisogno di “cambiare rotta” sia oramai universalmente sentito. Basti vedere quante istituzioni1 stiano fornendo importanti contributi sul tema della sostenibilità. Sebbene ad oggi non vi sia uno standard unanimemente riconosciuto per valutare le performance ESG di un’impresa, emerge in modo sempre più evidente come questa tematica stia prepotentemente entrando a far parte delle considerazioni che vengono poste in essere nel mondo del doing business. Una nuova tendenza che sposta l’attenzione degli investitori di un’azienda (come pure quella dei suoi clienti e dei suoi dipendenti) “dall’ultima riga del bilancio” a nuovi valori, un nuovo metodo di valutazione che ha come punto focale la sua sostenibilità. Se si pensa che già oggi molte due diligence hanno incluso tra i parametri di giudizio il livello di sostenibilità della target non sembra difficile comprendere come la strada intrapresa possa portare a un sistema virtuoso di imprese che ammettono nella loro filiera produttiva o nel loro “paniere di investimenti” (nel caso di investitori istituzionali) solo realtà ESG compliant. Un fenomeno che di fatto si sta già delineando in diversi Paesi2.
Oltre alla naturale connessione tra gli elementi legati al cambiamento climatico e ai diritti sociali facilmente identificabili nelle caratteristiche intrinseche dell’ESG, ci si vuole qui soffermare sull’importanza che riveste in questo contesto la componente “Tax”. Andando oltre rispetto ai fattori esogeni alle imprese – si pensi alle recenti manovre, comunemente note come green tax, volte a disincentivare, mediante l’utilizzo di specifiche imposte, l’utilizzo di combustibili inquinanti – vi sono molteplici indicatori che rendono chiaro come la tassazione d’impresa diventi un elemento cruciale nel sistema ESG, a partire dall’assunto che ogni impresa contribuisce, con il pagamento delle imposte, al bene comune della società. Da qui il pensiero che la tax strategy applicata diventi uno dei fattori chiave tra i parametri di valutazione ESG.
È interessante notare come i diversi contributi che le più importanti istituzioni hanno sinora prodotto convergano in punti comuni: un equo carico impositivo e la trasparenza di informazione connessa alla riduzione del rischio fiscale.
Si pensi ad esempio all’OECD/G20 che nel dicembre ’21 ha pubblicato il documento “Tax Challenges Arising from the Digitalisation of the Economy - Global Anti-Base Erosion Model Rules (Pillar Two)” in cui vengono fornite le regole di implementazione per la riforma del sistema fiscale (in accordo con 137 Paesi) che prevede un corporate tax rate globale minimo del 15% da applicare alle multinazionali con ricavi annui superiori ai 750 milioni di Euro nei Paesi ove queste operano o al contributo fornito nell’ambito del progetto BEPS sul tema trasparenza con il Country by Country Reporting e con la DAC6.
Ancora, il working paper 45/2021 predisposto dalla DG TAXUD della Commissiona Europea – che in precedenti contributi aveva già evidenziato quanto la tax policy e la trasparenza fiscale stiano diventando elementi sempre più importanti sia nella definizione dei criteri ESG sia sul tema della Corporate Social Responsibility – introduce il tema della finanza sostenibile definendolo come il processo che porta a prendere in considerazione tematiche ESG nel momento dell’effettuazione di investimenti, chiarendo come nel contesto politico EU tale tema rappresenti l’opportunità di avere una finanza che sia strumento a supporto della crescita economica ma che sia al contempo capace di lavorare a beneficio dell’ambiente e della collettività.
Ancora, in tema di trasparenza, il GRI 207 introdotto nel 2019 fornisce il primo standard globale per la comunicazione delle politiche fiscali, uno strumento sostanzialmente volto a guidare le multinazionali nell’evidenziare quante imposte pagano e dove.
Osservando più da vicino la realtà italiana, in tema di certezza fiscale il Dlgs. 128/2015 ha istituito il “regime di adempimento collaborativo” che ha come obiettivo quello di instaurare un rapporto di fiducia tra amministrazione e contribuente per mezzo di un’interlocuzione costante e preventiva su elementi di fatto, ivi inclusa l’anticipazione del controllo, finalizzata ad una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali. Questo regime opzionale ha quindi lo scopo di ridurre i contenziosi e offre una serie di benefici quali sanzioni ridotte al 50%, esonero dal presentare garanzie per rimborsi e procedure di tax ruling accelerate.
In conclusione, i cambiamenti in atto stanno portando investitori, clienti, fornitori e, in generale, tutti gli stakeholders di un’azienda a una nuova considerazione in chiave fiscale di quanto trasparenza, contribuzione e rischio siano elementi ormai strettamente legati alle scelte di business. E vista l’importanza sempre maggiore per le imprese di essere considerate ESG compliant, è chiaro che l’adozione di una tax policy che consenta all’impresa di mantenersi virtuosa sia sempre più un fattore critico di grande rilievo.
Il nostro team di Tax advisory incomincia a ricevere richieste di assistenza e supporto nei processi di adozione di modelli interni di governance fiscale improntati alla cooperative compliance non finalizzati necessariamente con un accordo di adempimento collaborativo con AE. La migliore risposta è la creazione nel tax department dell’impresa di una “ESG agenda” con focus sulle tematiche fiscali che permettano di promuovere la trasparenza, di gestire una bassa propensione al rischio e l’integrità fiscale (i.e. con la valutazione dell’effective tax rate) e di monitorare e valutare se il management sia adeguatamente strutturato per gestire la tax policy.

 


1 A solo titolo esemplificativo, GRI -Global Reporting Initiative, TFCD- EU Taxonomy and the Task Force on Climate-related Financial Disclosures, OECD/G20 - Principles of Corporate Governance, PRI - Priniciples for Responsible Investment.
2 A solo titolo esemplificativo, Il Fondo Sovrano Norvegese ha recentemente escluso nove aziende che non rispettavano i criteri ESG individuati dal Fondo stesso; un gruppo di Fondi pensionistici danesi ha sviluppato un codice di condotta fiscale che individua i necessari comportamenti ESG (Tax nello specifico) che i partner di investimento devono adottare; alcuni fondi pensionistici canadesi hanno iniziato a considerare l’ Effective Tax Rate (ETR) tra i parametri di valutazione nel portafoglio di investimento premiando quindi l’integrità fiscale.