Risk & Compliance, opportunità e nuove prospettive

“L’approccio alla nuova Compliance non può non essere olistico e passare attraverso un’analisi del rischio in senso ampio”.

La Compliance nelle organizzazioni, le nuove frontiere delle attività Risk & Compliance ed il perché conviene dotarsi del Modello Organizzativo 231, questi gli argomenti affrontati nel nostro Talk con Lorenzo Maria Di Vecchio, Legal, Ethics & Compliance Director EMEA at Christian Dior Couture, intervistato da Lara Conticello, Associate Partner RSM, responsabile dell’area Risk & Compliance di RSM S.p.A.
 

Ecco una sintesi delle riflessioni di Lorenzo Maria di Vecchio. Guarda il video del Talk
 

Perché è fondamentale oggi la compliance nelle aziende, in particolare in una grande organizzazione come Christian Dior Couture?

Avendo lavorato in grandi multinazionali americane, mi sono occupato di compliance quando questo termine non era ancora diffuso. Il settore del lusso, settore relativamente giovane, basato essenzialmente in Europa, ha avuto una grande crescita che ha determinato la necessità di dotarsi di sistemi di controllo. Siamo circondati da varie regolamentazioni: anticorruzione, antiriciclaggio, data protection, solo per citarne alcune, che impattano sul business e possono anche arrivare a determinare sanzioni se non vengono rispettate; tuttavia, non è per il timore di incorrere in sanzioni che ci dotiamo di sistemi di compliance ma per tutelare la nostra reputazione. Il rischio reputazionale supera il rischio di sanzioni, perché il nostro cliente vuole sapere se siamo un marchio etico, se seguiamo le regole, è quindi una richiesta che arriva dal mercato. Inoltre, implementare un sistema di compliance aiuta a tenere sotto controllo le varie richieste di regolamentazione, a “tenere la barra dritta” nelle organizzazioni.

Perché è importante che oggi un’azienda si doti dei Modelli Organizzativi 231?

Lavoro sui Modelli Organizzativi 231 da sempre e sempre più mi rendo conto di quanto in questo ambito l’Italia sia stata precorritrice. Fino a poco tempo fa negli altri Paesi europei non c’era sensibilità su queste tematiche (solo di recente, ad esempio, la Francia si è dotata di una normativa anticorruzione).

In un contesto “multinational” può essere la base per un programma di Compliance più vasto, replicabile in altri Paesi perché il principio del risk assessment, della gap analysis e delle procedure che servono a mitigare il rischio sono esportabili in altre realtà. È una buona pratica che aiuta a bene gestire e bene organizzare l’azienda.

Il rischio è l’approccio “scolastico”, fatto semplicemente perché “va fatto”, senza una profonda conoscenza del business aziendale (anche da parte di figure interne).

Qual è la tua esperienza come presidente dell’OdV?

Certamente positiva, per farne capire l’obiettivo all’estero lo chiamo Compliance Committe. La mia esperienza è che bisogna essere curiosi, proattivi. Nel nostro OdV ci siamo anche occupati di tematiche di business con un atteggiamento “imprenditoriale”, evitando ogni approccio “routinario”.

La Compliance non è una scienza esatta, è fatta di scambi ed esperienze diverse ecco perché non posso immaginare un OdV monocratico, perché una persona non può prendere decisioni da sola, la dimensione collegiale è importante. Il bene dell’azienda deve sempre essere al centro delle interazioni e degli scambi con gli altri organi di controllo quali il CdA, il Collegio Sindacale, la società di Revisione. La collaborazione non è una formalità ma è l’occasione di affrontare gli stessi temi con punti di vista differenti. Se questo scambio manca, è il segnale di una mancanza organizzativa che può minare la base del Modello Organizzativo.

Cosa puoi dirci in merito al tema “whistleblowing” che ha una parte rilevante per la tua posizione e all’interno dei Modelli Organizzativi?

Già nel 2016, quando in Italia non c’era obbligatorietà, presentai un progetto sul tema del “whistleblowing”, a me molto caro. È un tema spesso difficile da fare accettare al management ma è uno strumento valido perché dà al Compliance Officer la “temperatura” dell’azienda anche quando le segnalazioni non riguardano episodi di corruzione tra privati (frequentemente le segnalazioni riguardano il personale).

Importante è la tempestività nella risposta e nella gestione delle segnalazioni, in caso contrario si può avere un effetto boomerang. Nel caso LVMH il canale è aperto anche all’esterno (ad esempio fornitori) quindi per noi è fondamentale essere efficaci nelle risposte.

La sostenibilità ed il business.

Le aziende hanno come obiettivo il profitto, è grazie al profitto che si possono pagare salari e stipendi adeguati, che si può supportare il welfare etc. ma se le aziende del settore fashion non sono sostenibili ed etiche mettono a rischio proprio il business. Amo dire che noi aziende del lusso siamo sostenibili per definizione perché i nostri prodotti durano nel tempo, siamo lontanissimi dal fast fashion, la nostra sostenibilità è “by design” perché la durabilità fa parte del nostro prodotto.

In termini di parità di genere ed inclusione, in CD, abbiamo importanti programmi di Diversity Equity & Inclusion per evitare di partire da preconcetti.

Qual è la nuova frontiera della Compliance?

L’approccio alla Compliance non può non essere olistico, perché deve riguardare l’approccio al rischio in generale. Anche dal punto di vista del consulente l’approccio deve essere olistico, non può essere una check list preconfezionata.

L’impatto della tecnologia è fondamentale, soprattutto in organizzazioni complesse, la mancanza di digitalizzazione ci espone al rischio che non si compia “l’ultimo miglio” per implementare il programma di Compliance perché manca formazione ed informazione a tutto il personale.

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