In questo articolo pubblicato su Economy di ottobre Nello Rapini, nostro Partner, analizza le norme del prossimo Decreto Legge anti-delocalizzazioni.

ll Consiglio dei Ministri dovrebbe approvare il cosiddetto Decreto Legge anti-delocalizzazioni un pacchetto di norme, di natura sanzionatoria che, nelle intenzioni del legislatore, dovrebbero disincentivare la chiusura di siti industriali da parte di società con oltre 250 dipendenti.

I tecnici del Ministero del Lavoro ritengono che sia in atto una vera a propria strategia industriale da parte delle multinazionali straniere per delocalizzare le produzioni dall’Italia, subito dopo aver usufruito delle agevolazioni finanziarie per l’insediamento, verso Paesi che garantirebbero maggiori benefici sia di natura fiscale che, ed è questo il punto che sembrerebbe nodale, in merito al costo del lavoro.

Appare abbastanza illogico, a nostro avviso, che multinazionali con fatturati miliardari possano essere motivate ad insediamenti industriali in Italia, finalizzando gli stessi ad agevolazioni finanziarie che, ai sensi dei Regolamenti comunitari vigenti, sono ormai da anni di pochi punti percentuali. Apparirebbero ben più verosimili altre motivazioni alla base di questo flusso di delocalizzazioni,

La scelta poi di costruire un Decreto solo ed esclusivamente con elementi sanzionatori e non con proposte coerenti alla risoluzione degli effettivi elementi di criticità, a nostro avviso produrrà un unico e sicuro effetto dissuasivo, ma non contro le delocalizzazioni, bensì contro le localizzazioni!

La tempistica poi di tale provvedimento sembra studiata a tavolino. Mentre si rafforza sempre di più un processo di ritorno soprattutto dalla Cina e dal sud est asiatico in genere, di molte imprese manifatturiere che hanno potuto valutare con maggior attenzione un’analisi complessiva dei costi-benefici delle precedenti localizzazioni, in Italia riusciamo a produrre un dispositivo legislativo che nei fatti ostacola le politiche di back reshoring

Sarebbe interessante emendare il Decreto con una sezione che potremmo chiamare “propositiva”, nella quale il legislatore disegnasse una vera e propria strategia di attrazione degli investimenti esteri, ad esempio fornendo una vocazione di alto profilo al sistema nazionale delle Zone economiche speciali.