Articolo di Laura De Lisa, Partner RSM S.p.A., pubblicato su Economy di Aprile 2024.

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Un incentivo automatico, “ma non troppo”, il tanto atteso Piano di Transizione 5.0, principale strumento di risposta all’emergenza “indipendenza energetica”, in attuazione del Piano RePower EU. Per la prima volta dalla nascita del Piano Transizione 4.0, la fruizione del beneficio per gli investimenti in beni strumentali diventa condizionata all’ottenimento di una concessione all’utilizzo. Ma la comunicazione obbligatoria su piattaforma gestita dal GSE non è la sola condizione rispetto alla fruibilità dell’agevolazione. All’indomani della pubblicazione del D. Lgs 19 del 2 marzo scorso, sono tanti i dubbi rispetto al nuovo articolo 38:

 - Un’agevolazione per chi ha le idee chiare: il piano agevola programmi di investimento innovativi, interconnessi, da sostenere in funzione di una transizione energetica dello stabilimento o dei processi produttivi. L’obbligo di produrre una certificazione ex ante ai lavori, a cura di un tecnico indipendente (dalle qualifiche ancora da definire), da inviare al Ministero prima dell’avvio dei lavori e l’obbligo di invio di un’ulteriore certificazione ex post a conclusione degli stessi, unitamente alla certificazione del revisore legale rispetto ai costi sostenuti, comporta una rigidità rispetto agli investimenti. 

 - Un’agevolazione trasversale, ma non troppo: ancorché il beneficio sia di carattere nazionale, spetti trasversalmente per le aziende solide (non in difficoltà ed in regola con il DURC) per tutti i settori e dimensioni di impresa e non preveda soglie di investimento minimo per l’accesso, analogamente alla Transizione 4.0 - alla quale si collega rispetto all’inclusione dei beni materiali ed immateriali agevolabili - la formulazione attuale propone una massimizzazione dei be­nefici a tutti coloro che, oltre agli investimenti in efficientamento energetico, realizzino anche investimenti per l’autoproduzione e autoconsumo di energia da fonte rinnovabile (restano escluse tuttavia le biomasse). Consentita ad oggi una massimizzazione del beneficio solo per gli investimenti nel solare: oltre al credito, è possibile iperdedurre gli investimenti in moduli fotovoltaici prodotti in Stati Membri dell’UE e ad alte prestazioni di resa. 

 - L’allegato B, quello dedicato ai software, viene ampliato, prevedendo l’ammissibilità agli incentivi anche per software per l’intelligenza degli impianti che garantiscono il monitoraggio continuo e la visualizzazione dei consumi energetici e dell’energia autoprodotta e auto consumata, o introducono meccanismi di efficienza energetica, attraverso la raccolta e l’elaborazione dei dati anche provenienti dalla sensoristica IoT di campo (Energy Dashboarding). Fanno finalmente capolino i software relativi alla gestione di impresa, i cosiddetti sistemi ERP, tuttavia, solo se acquistati unitamente ai sistemi per il monitoraggio dei consumi.

 - Meno conveniente per le aziende del Sud: il piano di transizione 5.0 non costituisce Aiuto di Stato e sarebbe in teoria cumulabile fino al 100% del costo degli investimenti (tenuto conto dell’effetto fiscale). Tuttavia, oltre al vigente divieto di “doppio finanziamento” è vietato espressamente il cumulo con la Transizione 4.0 ed il credito di imposta Zes Unica. Quest’ultima agevolazione potrebbe essere pre­feribile per la generalità degli investimenti, an­che solo perché consentirebbe il cumulo con la Transizione 4.0. Da valutare la convenienza laddove si investe anche nella produzione di energia con l’installazione di pannelli fotovoltaici, in quanto la transizione 5.0 è la sola che consenta di includere nell’investimento anche i sistemi di accumulo, pur richiedendo che gli impianti siano “di servizio”.

Il vero interrogativo è se, con il 2024 già giunto al secondo trimestre, i prossimi mesi siano sufficienti affinché le aziende progettino e completino gli investimenti, rispettando tutti gli adempimenti previsti. Inoltre, non è ancora chiaro il destino di chi ha già avviato gli investimenti: teoricamente, il piano transizione 5.0 avrebbe dovuto includere il recupero delle spese sostenute a partire da gennaio 2024. L’entrata in scena della piattaforma telematica di comunicazione, peraltro non ancora operativa, ha di fatto scombinato i piani di coloro che hanno già avviato l’efficientamento dei consumi energetici e che, senza aver inviato la certificazione “ex ante” degli investimenti, corrono il rischio di restare fuori, almeno in parte.