Gaetano Saffioti è un eroe contemporaneo che 20 anni fa ebbe il coraggio di opporsi alla ‘ndrangheta e denunciare i suoi estorsori facendoli arrestare assieme ai membri del clan a cui appartenevano. Da allora vive sotto scorta. La sua è una storia fatta di coraggio e senso civico nella quale legalità è, più che mai, sinonimo di libertà.  ​

Saffioti è un imprenditore di Palmi (in provincia di Reggio Calabria), proprietario dell’azienda “Saffioti calcestruzzi e movimento terra” che opera in un territorio estremamente complesso e fin da subito deve fare i conti con la legge della ‘ndrangheta. Nei primi anni dopo la denuncia ha pagato con l’emarginazione e l’isolamento il coraggio di essersi esposto ed opposto al sistema tangentizio vigente. Ad oggi, dopo vent’anni, Saffioti grazie all’impegno, alla tenacia e al coraggio lavora ad importanti progetti di respiro internazionale.

Francesco Condoluci, caporedattore di Economy e responsabile dell’online, ha intervistato Gaetano Saffioti, imprenditore edile e testimone di giustizia e autore del libro “Questione di rispetto”, scritto a quattro mani con Giuseppe Baldessarro, giornalista di Repubblica ed esperto di mafie.

Alla domanda di Condoluci: “Oggi rifaresti la stessa scelta?” Gaetano Saffioti risponde: “Sì, lo rifarei non una ma altri miliardi di volte, meglio liberi che schiavi del sistema”.

Inizia così l’intervista a Gaetano Saffioti che racconta nel Talk organizzato da RSM la sua storia e i perché della sua scelta.
“Voglio precisare”, continua Saffioti, “che chi guarda dall’esterno una persona che vive sotto scorta pensa che sia prigioniera, ma in realtà sono più libero di tanta gente che pensa di esserlo ma non lo è. Così come la solitudine: non è importante con quante persone stai, ma la qualità di chi ti sta intorno. La vita è un sacrificio, ma lo è ancora di più se la si vive con il rimorso di non aver fatto ciò che è giusto”.

Perché hai scelto di restare in Calabria nonostante le difficoltà?

“Ho scelto di restare in Calabria per dare un esempio concreto e creare emulazione tra la popolazione, che deve cambiare mentalità e modo di comportarsi, e tra gli imprenditori, che se avessero il coraggio di denunciare io non sarei più sotto scorta e quindi un costo per lo Stato. Il testimone di giustizia non deve vivere di assistenzialismo scambiando le sue dichiarazioni per dei benefici, al contrario deve aspirare ad essere una risorsa attraverso il proprio lavoro. Scegliere di essere persone libere significa lasciare un futuro migliore a chi verrà dopo di noi ed essere degli esempi da seguire per i giovani, altrimenti continueremo a parlare di ‘ndrangheta ancora per lungo tempo”.

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