“Purtroppo sul mio tavolo ho moltissimi dossier di crisi aziendali e vedo spesso che si parla con grande interesse del Workers Buyout, ma frequentemente da parte dei lavoratori e del sindacato c’è come una timidezza a proporsi in una compagine proprietaria da costituire, un’incertezza sicuramente legata alla mancanza di formazione”: parola di Alessandra Todde, sottosegretario al Ministero per lo sviluppo economico. La sottosegretaria Todde ha rappresentato il governo al webinar promosso da RSM S.p.A. in collaborazione con Economy Group, pochi giorni fa, su un tema di estrema e cruciale attualità, appunto quello dei cosiddetti workers buyout (in sigla wbo), ben sintetizzato dal titolo: “Workers buyout, i lavoratori padroni dell’impresa”, quando cioè un’impresa in crisi viene rilanciata grazie al coinvolgimento in una nuova compagine proprietaria dei dipendenti, di solito in forma cooperativa, ma a volte anche societaria.

“Una questione che reputo importante valutare è in che modo rafforzare l’istituto del wbo – ha proseguito Todde nel suo intervento – Ed è contemporaneamente essenziale imparare a valutare quanto la componente lavoro in un’impresa potrà rivelarsi resiliente grazie ad un wbo. Per le aziende che sono “salvabili” grazie all’intervento dei lavoratori è poi essenziale porsi la domanda sulla loro possibilità di stare sul mercato stand-alone, o al contrario l’opportunità di trovare alleanze. Credo, comunque, che il supporto al wbo che sanno offrire strutture come il Cfi (Cooperazione Finanza Impresa) porterà sempre di più a migliorare i termini e le modalità delle analisi preliminare che possono aiutare la positiva conclusione dei wbo. Inoltre, credo che in questo ambito grandi opportunità possano derivare da realtà piccole che si federano. Ma sono certa che il quadro normativo possa offrire opportunità ulteriori. E penso che il numero dei wbo possa aumentare con successo. Dobbiamo però lavorare tutti insieme per riuscire a migliorare le informazioni alla rete dei lavoratori all’interno delle iniziative stand-alone per garantire che abbiano successo. Infine, voglio ricordare a tutti uno strumento per le crisi aziendali che abbiamo messo a disposizione del sistema, il fondo per la gestione delle crisi, di cui le cooperative di lavoratori possono avvalersi. E’ importante che questi strumenti vengano sempre più conosciuti e utilizzati”.

Dopo il saluto iniziale di Rocco Abbondanza, managing partner di Rsm, è iniziata la serie degli interventi, aperta dall’amministratore delegato di CFI Camillo De Berardinis, il manager che cioè gestisce la finanziaria di massima rilevanza per la realizzazione in Italia dei wbo, dal titolo: “La Legge Marcora strumento di politica attiva del lavoro e lo sviluppo dei workers buyout in Italia”. Si consideri che oggi Cfi vanta un track-record di 305 wbo finanziati ad altrettante cooperative, sulle 537 che complessivamente hanno goduto del sostegno finanziario della Cfi. Gli investimenti totali sono stati pari a ben 290,8 miliardi. E il numero di lavoratori occupati è di oltre 23 mila unità. Anche attualmente le operazioni di wbo in istruttoria sono ben 16. De Berardinis ha sottolineato, nel suo intervento, l’importanza e la centralità della legge Marcora per la difesa dell’occupazione anche attraverso l’intervento dei wbo: “La Legge Marcora – dice il manager - è una misura che, in 36 anni di operatività, ha dimostrato di essere un efficace strumento di politica attiva del lavoro, pur intervenendo nella maggior parte dei casi in situazioni particolarmente difficili, come le crisi aziendali. L’idea ispiratrice della legge, decisamente innovativa per i tempi in cui è stata promulgata e ancora oggi, è stata quella di considerare il ricorso sempre più frequente e massiccio a forme di indennità di disoccupazione, giusto sostegno al reddito dei lavoratori, come una scelta difensiva, e che parte di queste risorse potevano essere, invece, utilizzate per investire sulla promozione di nuove imprese, recuperando i lavoratori inoccupati ad una funzione produttiva attraverso la forma cooperativa, dando loro la facoltà ( dal 1992) di trasferire l’indennità di disoccupazione a capitale della nuova impresa a cui si aggiungeva il sostegno economico delle società finanziarie costituite per l’attuazione della Legge, attraverso la partecipazione temporanea al capitale di rischio e il finanziamento degli investimenti fissi”. Nel suo intervento, De Berardinis non ha omesso di ricordare quale incisività possa avere il ruolo della Cfi che “mette a disposizione delle imprese, oltre ai finanziamenti, un team con professionalità ed esperienza nella pianificazione finanziaria e nel controllo di gestione, che unite alle risorse e alle competenze dei lavoratori (che possono usufruire dell’anticipazione della Naspi) consentano di riprendere l’attività e costruire imprese dinamiche e vitali”.

A seguire, l’intervento dell’avvocato Pier Luigi Morara, sugli “aspetti giuridici peculiari e innovativi” del wbo, seguita dalla testimonianza di Antonio Caselli, l’imprenditore-manager di Scandiano (Reggio Emilia) che, attraverso un wbo assistito proprio dall’avvocato Morara, ha rilanciato la Greslab attraverso un workers buyout di successo. A chiudere il webinar, l’intervento del promotore, Giuseppe Farchione, partner di Rsm.

Farchione ha innanzitutto evidenziato le tre diverse formule del wbo a livello internazionale: il modello emergenziale di tradizione argentina, quello anglosassone, degli “employees stock ownership plan” (ESOP, in pratica l’azionariato dei lavoratori) e la formula latino-americana. Poi ha sottolineato il forte sostegno dell’Unione europea alla formula del wbo; e ha poi zoomato sul dibattito di questi tempi, focalizzato sulla “democratizzazione” del lavoro, strettamente connessa alla sua sostenibilità sociale, con ampi spazi per nuovi modelli gestionali e per una vasta partecipazione dei lavoratori al capitale. Quindi Farchione ha sottolineato la metamorfosi in atto negli assetti proprietari delle imprese europee, anche sulla base di quanto rilevato dall’”Economic survey of employee share ownership in European countries in 2019”, pubblicato dall’European federation of employee  share ownership” sottolineando come “la distinzione all’interno della popolazione delle imprese europee quotate, tra controllo familiare, controllo statale e public company è particolarmente diffuso nelle società quotate in Belgio, Italia, Francia e Portogallo. Il controllo statale è ancora elevato in molti “nuovi” Stati membri dell’Unione. Infine, l’assenza di un unico azionista di controllo è comune in Gran Bretagna e nei Paesi nordici.

Infine, il “pezzo forte”, ovvero un “Testo unico della Partecipazione attiva dei lavoratori  nelle aziende” che raggruppi e integri le norme esistenti e rafforzi gli strumenti della legge Marcora, incrementando i fondi disponibili, accelerando le procedure d’accesso alle Garanzie del Mediocredito centrale col Fondo centrale di garanzia, accelerando la liquidazione del Tfr e della Naspi, detassandoli e neutralizzandoli ai fini contributivi quando vengano utilizzati per ricapitalizzare le aziende cooperative e introducendo altri tipi societari utilizzabili per le operazioni di wbo.

Infine, ha concluso Farchione, sarebbe necessario regolare unitariamente e facilitare i piani di stock-options nelle start-up e nelle Pmi innovative nonché gli executive shares distributions plans; e introdurre nel sistema gli schemi Esop sulla falsariga della miglior prassi internazionale.

 

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