Di Lara Conticello, Associate Partner RSM Ri.Co. Risk & Compliance

da “Economy” di aprile 2023, scarica il pdf dell’articolo.

Sembra una filastrocca ma non lo è.  La parità di genere produce benefici misurabili in termini di EBITDA indicatore meglio conosciuto come Earnings before interest, taxes, depreciation, and amortization (EBITDA), utilizzato per stabilire il valore economico di un’azienda.

Le donne sono portatrici sane di benefici aziendali a costo zero per le aziende, anzi con la certificazione della parità di genere, portano un surplus che è appunto il risparmio dei contributi versati. Con l’introduzione della prassi UNI/PDR 125:2022, che definisce i criteri per l’ottenimento della certificazione di parità di genere, le aziende che si certificano possono contare sull'esonero parziale dal versamento dei contributi previdenziali dei lavoratori fino all’1% e a un massimo di 50.000 euro annui (art.5 della Legge 162/2021).  Nel corso di questi ultimi mesi abbiamo assistito ad un crescente interesse alla parità di genere (per fortuna oserei dire). Ci voleva uno sgravio contributivo per aprire la porta alla parità di genere. Come si dice: “il fine giustifica i mezzi”. 

Di questo risparmio e della tipologia di benefici a costo zero portati dalle donne ne beneficia anche l’EBITDA. Da una ricerca pubblicata da Catalyst, che studia l’inclusione femminile nei luoghi di lavoro ed in particolare l’inclusione delle donne nella leadership, emerge che i vantaggi nei vertici aziendali possono essere riassunti in quattro pilastri:

  - Valorizzazione dei talenti: alti livelli di inclusione sono associati ad un turnover più basso e migliore soddisfazione degli occupati;

  - Miglioramento della reputazione e della responsabilità dell’impresa: le organizzazioni inclusive hanno il 58% di probabilità di migliorare la propria reputazione. Inoltre, la presenza delle donne nei board è associata ad una minore presenza di frodi finanziarie;

  - Crescita dell’innovazione e delle performances di gruppo: imprese inclusive hanno il 59% di probabilità in più di aumentare l’innovazione e la creatività;

  - Miglioramento delle performances finanziarie: la presenza femminile nei board è associata ad una relazione positiva con indicatori finanziari quali, ROE, ROA, ROS, le performances di vendita.

I numeri parlano chiaro: secondo la XIV edizione dell’Osservatorio Aub, promosso da Aidaf, dalla cattedra Aidaf-EY di strategia delle aziende familiari dell’Università Bocconi, da UniCredit e dalla Fondazione Angelini in collaborazione con Borsa Italiana e con la Camera di commercio di Milano Monza-Brianza Lodi, le aziende familiari più attente alla diversity nei board sono cresciute mediamente a un tasso del 9,8%, circa l’1,3% in più delle altre. L’indagine monitora tutte le imprese familiari italiane che hanno superato la soglia di fatturato di 20 milioni di euro, che rappresentano circa il 65% (pari a 11.635) del tessuto imprenditoriale italiano. 

È stata rilevata infatti una relazione positiva tra la diversity negli assetti di governance delle aziende familiari e le performance in termini di ricavi, redditività netta, EBITDA Margin, rapporto di indebitamento e rapporto PFN/EBITDA. “Anche se di piccola magnitudo”, precisa Guido Corbetta, titolare della cattedra Aidaf-EY di strategia delle aziende familiari intervenuto in occasione dell’evento di presentazione dell’Osservatorio, “Il tasso annuo di crescita dei ricavi migliora per esempio del +1,3%. Un risultato che ci spinge a dire come uno sforzo in questa direzione sia necessario. Molte aziende familiari mostrano infatti ancora bassi livelli di diversity, confermando la necessità di modifiche legislative che accelerino il percorso”. (Aziende familiari, la diversity migliora le performance. In 4 mosse)

Che ci sia una relazione tra le politiche di diversità e le performances aziendali, lo spiega anche Luis Andrade (Director, McKinsey & Company): uno degli studi più citati è senza dubbio il “Delivery through diversity di Mckinsey". Da questo si evince che le imprese che hanno un top management diversamente composto in termini di gender hanno una probabilità più alta del 15% di conseguire delle buone performances finanziarie, mentre se il top management è composto diversamente in termini di etnia, la percentuale sale al 35%. Altro studio molto interessante è il “Disability Inclusion Advantage di Accenture", che dimostra come le aziende che includono persone con disabilità abbiano ricavi superiori del 28%.

La ricerca "The CS Gender 3000 in 2019" di Credit Suisse, ha analizzato inoltre il legame tra la diversità di genere, le prestazioni aziendali e la loro evoluzione nel tempo. È stata rilevata un’importante correlazione tra “diversità” nei consigli di amministrazione e le perfomances azionarie. Si evidenzia un differenziale nei margini EBITDA pari a 229 punti base tra società in cui vi è una maggiore presenza di donne e quelle con una minor parità di genere. Inoltre, lo strumento di valutazione di Credit Suisse ha altresì rilevato che i rendimenti di cash flow sono superiori al 2,04% e mostrano una minore volatilità nel tempo nelle aziende in cui vi è una maggiore percentuale di senior manager donne.

Da uno studio condotto in Portogallo, su un campione di società portoghesi quotate in borsa, è emerso che l'effetto positivo sul ROA e sul ROE è stato osservato soltanto quando il consiglio di amministrazione è composto da almeno due donne o quando vi si raggiunge la soglia minima del 20% di amministratori donne. La diversità di genere non solo garantisce una migliore performance economica e flussi di cassa futuri più elevati, ma riduce anche il rischio percepito dagli investitori: queste società non incorrono in rischi sanzionatori per irregolarità o non rispetto della legge. Tutto questo comporta una maggiore attenzione da parte degli stakeolders (fondi comuni di investimento per esempio) verso quelle aziende che garantiscono una adeguata presenza di donne nei consigli di amministrazione, che generano e accrescono risultati. La presenza di donne nei consigli di amministrazione inoltre migliora la quantità e qualità dell'informativa al pubblico, garantendo una maggiore trasparenza, cosicché a beneficiarne siano anche i prezzi delle azioni e il valore di mercato, (oltre all’EBITDA).

Tra i tanti fondi dedicati a questo tema, per citarne soltanto alcuni, in Italia è stato lanciato il fondo Anima Investimento Gender Equality 2026, lanciato ad agosto 2021 da Gruppo Banco BPM e Anima SGR, il cui fine è quello di partecipare allo sviluppo di società che valorizzano la parità di genere nel rispetto dell’Obiettivo 5 dell’Agenda 2030 dell’ONU. Così come il più recente lancio a febbraio 2022 del fondo DWS Invest ESG Women for Women, del gruppo tedesco di asset management DWS, che è gestito esclusivamente da professioniste donne e si rivolge specificamente alle esigenze delle donne nella selezione degli investimenti.

La conclusione è empirica: le aziende inviano segnali positivi al mercato se il gender gap è garantito, non soltanto formalmente, ma soprattutto da un punto di vista sostanziale. "Le imprese femminili spesso dimostrano di avere davvero una marcia in più", conferma Lella Golfo, presidente della Fondazione Marisa Bellisario: "Sono dinamiche, e propense a intraprendere strade nuove, rischiando con idee innovative ma sempre attente alla sopravvivenza dell’azienda. Rischio calcolato, quindi, proprio come spesso facciamo noi donne in tutte le “imprese” della vita".