È indiscutibile che tutto quello che stiamo vivendo a seguito degli eventi legati al Covid-19 lascerà una profonda traccia. È una traccia che riguarderà non solo le aziende ma ad esse si arriverà attraverso il cambiamento delle persone e quindi dei clienti.

Passato questo duro momento (anche se è prematuro parlarne, ahimè), il segno, che tutto questo lascerà, riguarderà il comportamento delle persone, le loro abitudini, la loro scala dei bisogni.

In questo momento storico c’è un’unica certezza, che è diventato un obbligo: occorre stare a distanza.

In attesa di un vaccino o di una terapia efficace, stiamo affrontando la sfida tramite il distanziamento sociale.

Come però il distanziamento sociale, impatterà sul modello di business di un’azienda?

Se caliamo questa domanda nel business model di un’azienda, vuol dire parlare di canali e relazioni con il cliente.

A tal proposito ci torna utile il tanto amato (almeno da parte mia) e il tanto esplicativo Business Model Canvas di Osterwalder.

New normal business model

I box che maggiormente sono impattati da questo obbligo sono quindi i canali e la customer relationship.

Il coronavirus tutto trasformerà o sta già trasformando: occorre inventarsi altri canali, magari mai pensati e mai visti prima. Nuovi approcci con il cliente.

In merito alla relazione con i clienti, il concetto che è alla base di tutto è la fiducia. O meglio, quello che è cambiato è un nuovo concetto di fiducia, che nasce dalle nuove esigenze dettate dal momento storico. Ora decido io con chi andare, chi incontrare e magari quando incontrarlo. Il tema del trust è fondamentale, lo era già prima, ma lo è maggiormente in questa situazione. Di quale azienda mi fido o mi posso fidare? A chi affido la mia fiducia? Why trust you, come cantava Alice Cooper nel 1989 (genere hard rock, ma tranquilli finiremo questa chiacchierata con un altro genere di musica…trust me).

Lavorare sui due box del canvas, canali e relazioni con il cliente, porta a rivedere il proprio modello di servizio offerto. Magari questo comporterà un ritorno all’essenziale (back to basic). O per alcuni permetterà di reinventarsi, definendo una nuova proposta di valore.

Tante start-up e aziende affermate stanno cercando di competere su nuove tecnologie, prodotti, servizi e prezzi. In realtà, le aziende di maggior successo al mondo competono su modelli di business superiori. Questi modelli di business si basano a loro volta su configurazioni e combinazioni di diversi elementi costitutivi del Business Model Canvas per rafforzare il modello di business complessivo di un’azienda. Questa è la formula segreta dietro il loro successo. Comprendere e comporre questi elementi aiuta gli imprenditori e i manager aziendali a creare imprese migliori e più resilienti.

Un modello è una disposizione e una combinazione di vari elementi per creare un determinato risultato. È l’approccio metodologico che segue un designer che ha poi dato vita al design thinking in ambito aziendale.

Gli architetti o i designer usano ripetutamente determinati schemi perché portano a risultati superiori.

Ogni modello e ogni differente composizione dei suoi elementi, ci aiuta ad andare oltre i tradizionali mezzi di concorrenza su prodotti, servizi, tecnologie e prezzi. Ogni modello ci aiuta a concentrarci su un modo diverso per raggiungere un modello di business superiore.

Tuttavia, i modelli di business sono ancora sottoutilizzati oggi. Molte aziende si concentrano su uno o due elementi di un modello di business e non su tutti gli elementi costitutivi e le loro potenziali configurazioni.

Molte aziende hanno difficoltà a pensare al modello di business e all’incastro dei differenti box del Business Model Canvas. E quindi rimarrà per loro sempre difficile progettare modelli di business performanti.

Le aziende sono abituate a ragionare su piani o business plan. Hanno piani per tutto: vendite, M&A, assunzioni, etc..

Spesso i piani non vengono rispettati e l’azienda si trova in crisi, perché non avendo un piano “b”, non è neanche in grado di ridisegnare il suo modello organizzativo e di business per fronteggiare la crisi. Si è poco educati a ragionare sui modelli di business e capire che i piani derivano da questi modelli e non il contrario.

L’ex campione dei pesi massimi Mike Tyson disse una volta: “Tutti hanno un piano finché non si prendono un cazzotto in bocca”.

Aveva ragione lui. L’unica possibilità che abbiamo in questo momento storico è rimettere in discussione il nostro modello di business. Il nostro DNA come azienda. Il nostro modus operandi. La nostra organizzazione. Le nostre convinzioni.

Per il guru del management Peter Drucker, il leader del ventunesimo secolo è un direttore di orchestra che, sulla base di una prestabilita partitura, riesce a ottenere ottime prestazioni dall’orchestra, senza magari avere dei musicisti straordinari. È sufficiente che tutti diano il massimo e provare e riprovare lo stesso brano sino a quando il primo violino sia in grado di eseguirlo come lo sente il direttore di orchestra. È un po’ la filosofia di Dave Alred (per chi lo conoscesse), grande performance coach di campioni del rugby e del golf, che educa i giocatori al disagio rendendo molto più stimolanti e “scomodi” i loro allenamenti. Ma alla base di tutto c’è la ripetizione ossessiva degli stessi atteggiamenti in allenamento per riproporli in maniera naturale durante le gare o i match.

Non me ne voglia il grande Drucker, a cui tutto devo grazie ai suoi insegnamenti, ma forse la metafora del direttore di orchestra non considera l’enorme ambiguità e turbolenza che già prima del nuovo coronavirus caratterizzava i mercati e che adesso più che mai li caratterizzerà.

Allora forse la metafora meglio calzante è quella relativa a una straordinaria forma di arte musicale americana chiamata jazz. E qui mantengo la mia promessa fatta prima.

Nel jazz c’è improvvisazione, certo, ma è un’improvvisazione non fine a sé stessa. È creatività che porta valore aggiunto, armonia e voglia di continuare ad ascoltarlo perché la curiosità ci porta a chiederci: “come la band chiuderà il pezzo?”.

L’improvvisazione permette di scoprire collegamenti tra dinamiche in atto all’interno di una organizzazione. Le vecchie organizzazioni basate su modelli di comando e controlli sono oramai obsolete, superate. Adesso ancora di più.

Abbiamo bisogno di modelli fatti da diversi esperti che partecipino in un ambiente caotico e turbolento alla vita aziendale. Che siano in grado di prendere decisioni rapide e irreversibili, fortemente interdipendenti tra di loro. Devono essere innovativi e creativi. Tutto questo è nel jazz. Tutto questo è il jazz.

Allora mi viene in mente un libro letto qualche anno fa e intitolato Disordine armonico. Leadership e jazz di Frank J. Barrett (che consiglio di leggere) in cui si parla anche di questo.

Come si fa a imparare il jazz e, tanto più, come si fa a portare in un’organizzazione aziendale le qualità del jazzista? La regola è semplice: osservando gesti, imitando e ripetendo; ascoltando e osservando modelli.

Tutto questo è fattibile. Tutto questo è legato a una profonda conoscenza del Business Model Canvas.

Tutto questo passa da una (ri)analisi, (ri)discussione dei canali e delle relazioni con i clienti, prima di ogni altra cosa. Per poi passare agli altri box del Business Model Canvas.

Ma questo sarà argomento del prossimo episodio.

 

Leggi New Normal Business Model #1 - Come diventare o creare un’azienda invincibile?

Leggi New Normal Business Model #3 - Attività e risorse chiave, fattori altrettanto importanti?

 

Luca Pulli  - Partner RSM - Business designer