La Costituzione italiana sancisce la parità retributiva tuttavia la differenza rimane.
Un fenomeno che ha radici profonde, ma che finalmente governi, istituzioni e leadership aziendali si vogliono impegnare a risolvere.

Gender Pay Gap: alcuni numeri

In Italia è come se le donne venissero pagate quasi due mesi in meno degli uomini. E’ quanto emerge dai dati del “Gender Gap Report 2019” (Osservatorio Job Pricing), uno dei numerosi studi sul tema della disparità di retribuzione. Inoltre, l’emergenza sanitaria ha congelato una seppur lenta ma inesorabile riduzione del gender pay gap, segnando addirittura un aumento del dislivello retributivo.

Infatti, secondo il 28° rapporto sulle retribuzioni di ODM Consulting, datato al primo semestre del 2020, l'emergenza sanitaria da Covid 19 ha consolidato il gap delle retribuzioni e aumentato la disuguaglianza salariale di genere.

Il World Economic Forum ha preso in esame un campione di 153 paesi per valutare la disparità salariale nel mondo, report in cui l’Italia si è posizionata al 76esimo posto.

Nell’analisi si evidenziano alcune macroscopiche differenze tra il settore pubblico, in cui il gap è al 4,1%, e quello privato in cui si arriva anche al 20,7%.

All’interno dell’Unione Europea, secondo l’ultimo report sul gender pay gap,  il divario occupazionale è dell’11,7% e la differenza di paga oraria è del 14,1%. Nelle assunzioni con inquadramento più alto, il gap salariale è inferiore, ma resta una disparità per quanto riguarda la presenza delle donne in ruoli apicali.

gender_equality_city_work_complex_blue.png

In Italia un percorso ancora lungo verso la parità retributiva

L’Italia, in cui il divario di genere resta tra i più alti in Europa, ha come obiettivo del nuovo programma di Governo di eliminare la differenza di salario fra uomini e donne, partendo dall’art. 46 del d. lgs. 11 aprile 2006 n. 198 che prevede che le aziende pubbliche e private, che abbiano più di 100 dipendenti, siano tenute, ogni due anni, a comunicare attraverso la stesura di un rapporto con i dati la situazione del personale in ogni ambito, in modo che possano essere accessibili e valutabili per eventuali azioni che si rendano necessarie.  Il fenomeno del gap salariale tra generi in Italia si manifesta fin dall’inizio della carriera e siamo posizionati tra i peggiori in Europa, nonostante il principio sancito dalla nostra Costituzione ed una serie di proposte di legge avanzate.

Come afferma Marilisa D’Amico (una delle più attente studiose dei diritti delle donne – guarda il video del suo Talk Show RSM sul tema della parità dei diritti) nel suo recente libro “Una parità ambigua. Costituzione e diritti delle donne”:

"Se il divario salariale resiste, significa che le pur apprezzabili leggi via via approvate dal legislatore per dare attuazione al principio di uguaglianza in ambito lavorativo, non hanno saputo intercettare tutti i problemi".

Inoltre, le differenze salariali valgono soprattutto per la retribuzione fissa che per quella variabile, il che indica che i livelli retributivi di base più bassi non sono la conseguenza di una performance inferiore, ma di una tendenza socioculturale che secondo l’Unione europea è assolutamente necessario risolvere partendo dal risanamento delle sue cause più profonde.

Ma facciamo un passo indietro...

Quali sono le dinamiche sociali e culturali all’origine di questo divario tra uomo e donna? Perché gli uomini guadagno di più delle donne, anche a parità di ruoli, sin dall’inizi della carriera?

Ecco alcune delle motivazioni sociali e culturali che, specialmente nel nostro Paese, causano questa diversità:

  • la inferiore partecipazione femminile al mercato del lavoro;
  •  il lavoro invisibile e quindi non retribuito;
  • il maggior ricorso al part time e alle interruzioni di carriera;
  • la segregazione basata su preconcetti e discriminazioni di genere;
  • la maternità  come pregiudizio culturale prima ancora che il tema si ponga realmente e come penalizzazione delle madri lavoratrici che sempre di più rinunciano alla carriera professionale quando si ritrovano a scegliere tra lavoro e impegni familiari;
  • la frequente estromissione delle donne dalle scelte finanziarie e della situazione economica familiare;
  • l’accettazione di impieghi più flessibili a discapito della retribuzione per conciliare esigenze lavorative e familiari.

Il Gap salariale rappresenta solo uno degli aspetti di una disparità tra i sessi in cui l’istruzione e il sistema scolastico giocano un ruolo fondamentale per arrivare a una destrutturazione dei ruoli e all’educazione del rispetto per tutte le forme di diversità.

 

Il Piano Europeo 2020-2025 per l’eliminazione del gender pay gap e la risoluzione del problema alla radice prevede due strade:

  •  l’integrazione della dimensione di genere ovvero "non limitare gli sforzi mirati a promuovere la parità nell'attuazione di misure specifiche a favore delle donne, ma mobilitare tutte le politiche e le misure generali al fine specifico di conseguire la parità di genere"
  • la pianificazione di azioni mirate e di interventi specifici come trasparenza e disponibilità di dati in materia salariale per quantificare correttamente il gender pay gap.

Il tema dell’uguaglianza di genere, attorno a cui si è innescato un crescente dibattito grazie ai dati che dimostrano oggettivamente il divario retributivo, è incastonato in una serie di altri temi focali sulla disuguaglianza più ampi che si legano gli uni agli atri in una catena senza soluzione di continuità e a cui è molto più difficile assegnare un valore monetario o farne un’analisi oggettiva:

  • la disuguaglianza di opportunità;
  • la disuguaglianza sociale;
  • la disuguaglianza rurale rispetto a quella urbana;
  • la disparità occupazionale,
  • la violenza di genere,
  • la discriminazione nell'istruzione e così via.

Per affrontare le disuguaglianze, dunque, non bastano i propositi di cambiamento da parte delle istituzioni o le politiche di buon governo, ma sono necessarie leadership efficaci e persone che con le loro azioni influenzino il cambiamento.

RSM sostenitore della diversità e dell’inclusione

Ciascuna persona in azienda ha l'opportunità di fare meglio ogni giorno valorizzando le proprie capacità e competenze per aiutare a guidare il cambiamento.

Mostrare responsabilità sostenendo l'uguaglianza, significa essere coraggiosi e saper utilizzare efficacemente la nostra personale influenza nella quotidianità.

A questo proposito nel Novembre del 2020 RSM ha nominato Candice Eaton Gaul come Leader Globale per la diversità e l'inclusione con lo scopo di dare spazio a valori in cui RSM crede da sempre e che ritiene possano essere motore della crescita e dell’innovazione:

  • attenzione alla diversità e all'inclusione
  • alla cultura organizzativa e all'employer branding;
  • attenzione alla soddisfazione dei dipendenti e al loro coinvolgimento per il successo aziendale e per un sempre migliore servizio ai clienti.

Rocco Abbondanza , Presidente di RSM S.p.A. commenta con entusiasmo la nomina di Candice Eaton Gaul:

“RSM è  da sempre attenta e sensibile alle questioni che riguardano la Gender Equality e sono certo che la nomina di un Global Diversity and Inclusion Leader aiuterà tutte le aziende del Network RSM a raggiungere dei vantaggi individuali e aziendali legati a strategie di diversità e inclusione di successo, nonché l'attrazione, lo sviluppo e la fidelizzazione di persone con una varietà di qualifiche, culture e opinioni, che sono essenziali per migliorare la sensibilità e la crescita dei nostri team. RSM continua così concretamente a portare avanti la sua sfida contro la disuguaglianza di genere.”

In RSM sono numerose le donne che ricoprono ruoli chiave e funzioni dirigenziali all’interno dell’organizzazione aziendale, a cominciare da Jean Stephens, CEO di RSM International, dal 2006. Da quando ha assunto questo ruolo, Jean ha sempre dichiarato che in qualità di CEO di un'organizzazione globale sente la responsabilità di supportare il maggiore numero possibile di donne a raggiungere posizioni apicali, oltre che ovviamente tutte le persone meritevoli a esprimere il loro potenziale. Secondo Jean Stephens, i leader hanno il dovere di creare un ambiente di lavoro che sia inclusivo e che consenta a tutti di crescere. Oltre a Jean, altre donne sono ai vertici dell’azienda.

Nei ruoli di maggiore spicco in RSM troviamo: Lea Pateman Head of Marketing Communications, Georgiana Foster PR and Content Manager, Marion Hannon Global Leader, Quality and Risk, Eileen Turkot Regional Leader - Latin America, per citarne solo alcune tra tante.

RSM Women in Leadership Summit

Come parte dei nuovi programmi RSM sulla Diversità e sull’Inclusione, il 14 aprile 2021, si è tenuto il primo incontro dell'RSM Women in Leadership Summit che ha come obiettivo principale quello di supportare le donne RSM, di mettere in evidenza i loro progressi professionali e di mostrarne la professionalità, il talento e la competenza su argomenti di elevato livello professionale.

women_in_leadership1.pngIn linea con il contesto globale anche RSM in Italia si è sempre impegnata a supportare le donne, dando loro posizioni rilievo. Eccone alcune tra le più significative: Giovanna Riccomagno CFO, Monica Barzaghi Director - Banking and Financial Services Leader, Paola Lassandro e Raffaella D’Attilio, entrambe Director per l’area Audit & Assurance, Laura De Lisa Director - Funding and Development Leader, Valeria Di Lella Human Resources Senior Manager, Lia Guzzardi Marketing and Communication Leader.

Valeria Di Lella, HR Manager afferma:

“In RSM il problema del gender pay gap non si è mai avvertito. L’ azienda fin dall’inizio si è impegnata a promuovere la parità salariale, cercando di creare un ambiente di lavoro inclusivo e diversificato, in grado di permettere lo sviluppo della carriera per tutti.  Il numero delle figure femminili cresce di anno in anno e ad oggi il 44% delle risorse di RSM è rappresentato da donne e, di queste, il 73% ha meno di 40 anni”.

Leggi anche: